Il 20 marzo sarà una giornata di mobilitazione nazionale per affermare che l’acqua è un bene pubblico. Nel paese di Berlusconi, purtroppo, questa cosa, che i bambini capiscono benissimo, non è affatto scontata.
Non è scontato neppure, nel mondo di “un culo su do careghe” - alias Renato Brunetta - , che le case popolari siano un patrimonio sociale che preserva tutti. Perché a tutti, meno che a Mr. Week-end, sapere che in una situazione di bisogno potremmo accedere a un alloggio, ci fa sentire un po’ meno insicuri e meno soli.
Ma no, si sa, l’indole proprietaria del ministro della funzione pubblica è smisurata. Per questo vuole ottenere, in tempi brevissimi, devastanti risultati. Vendere il patrimonio dell’ATER significherebbe, infatti, chiudere l’accesso a una casa popolare a chiunque ne avesse bisogno e, nello stesso tempo, significherebbe svendere in un colpo solo un patrimonio immobiliare preziosissimo.
Bingo! – direbbe il malefico Joker nella Gotham City di Batman. Eppure, con tutta la nostra fantasia, stentiamo a credere che il sadismo di “un culo su do careghe” voglia davvero portare lo spirito malefico di Joker proprio a Ca’ Farsetti.
Ma torniamo a più seri ragionamenti.
La febbre della liquidazione immobiliare non è a Venezia una malattia delle ultime ore.
Cacciari ha zelantemente ben incarnato il ruolo del liquidatore immobiliare. Sua è purtroppo l’invenzione delle ultime cartolarizzazioni e dell’entrata in scena a Venezia di Mr. Mossetto e della sua EST CAPITAL. Il fondo Real Venice, di proprietà di Mossetto & Co., possiede ormai alcune delle gioie del nostro ex-patrimonio comunale.
E così hanno infatti privatizzato mezza isola del Lido – dall’Ospedale al Mare al Forte di Malamocco senza trascurare aree verdi di inestimabile valore.
Il mantra – lo sappiamo – è sempre lo stesso: “no ghe xe schei fioi e no podemo far altro!”
Un “altro” che noi invece vogliamo non solo immaginare ma pretendere dalla prossima amministrazione comunale. Un altro, senza se e senza ma. Perché continuando di questo passo non solo il pubblico non avrà più una funzione di servizio in città ma non avrà soprattutto alcun ruolo regolatore nelle logiche immobiliari cittadine.
Perché – ed è bene ricordarlo – tutti gli immobili venduti hanno una sola ed unica destinazione: la trasformazione in strutture ricettive o di supporto all’economia turistica.
Oggi qualcuno piange perché la Corte costituzionale mette i bastoni fra le ruote al cambio di destinazione d’uso degli immobili alienati. Ma, francamente, noi non sappiamo chi pianga di più: se le finanze del Comune o la città, che vedrebbe ridotte ulteriormente le sue funzioni urbane, a profitto di una monocultura turistica sempre più devastante.
Occorre dunque cambiare registro. L’acqua è e deve rimanere bene comune. Le case popolari sono e devono restare un bene sociale. Il patrimonio comunale è uno spazio pubblico irrinunciabile per difendere e ricostruire la biodiversità urbana.
Ai contabili che si stracciano le vesti per i deficit di cassa e ai furbi che si leccano i baffi di fronte a tanta cuccagna in liquidazione dovremo, equamente, nella prossima amministrazione, porre un sacrosanto freno.
Per rimettere, semplicemente e con determinazione, al centro la politica e il bene cittadino. Ricordiamocelo, senza esitazioni, quando depositeremo il nostro voto nell’urna.
Giampietro Pizzo
venerdì 19 marzo 2010
Difendiamo il patrimonio pubblico
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5 commenti:
E' vero son d'accordo sul fatto che l’acqua è un bene pubblico e tale deve restare, ma sono solo parzialmente d’accordo sul fatto che la vendita di alcune case pubbliche dell’ATER e/o del Comune possa costituire un così grave problema con gli scenari cui tu accenni.
Anzi penso che finalmente, visto il probabile aumento di concorrenzialità da parte degli enti pubblici nel vendere le case a chi vi abita da anni e non riesce a veder altre prospettive, se non al massimo, per i più fortunati, quella di trasferirisi a Mestre e dintorni, acquistandosi ivi una casa, finalmente potrebbero essere anche abbassati non solo i canoni d’affitto per le case di proprietà privata nel centro storico, ma probabilmente anche i prezzi stessi per l’acquisto delle abitazioni private.
E questo a tutto vantaggio dei cittadini che avrebbero finalmente maggiori possibilità di scelta, e a vantaggio di tutta la città di Venezia che in questi anni ha visto un esodo dal centro storico costante ed esponenzialmente continuo, e per questo favorendo quella monocultura turistica cui tu stai giustamente accennando.
A volte mi viene il dubbio che il patto sociale fatto in questi ultimi anni tra amministrazioni comunali, cittadini ed associazioni di proprietà abbia causato questo attuale quadro favorendo la bolla speculativa dei prezzi di vendita e degli affitti.
Non credo poi che tutti vorranno comprare case pubbliche per cui almeno un 50, 60% rimarranno sicuramente sempre a disposizione per affitti e per i casi e le emergenze sociali.
A parte l’aumento sotto gli occhi di tutti di B&B vari, vi è un enorme patrimonio di edilizia privata non solo invenduta, ma neanche affittata, e se affittata, affittata a prezzi esorbitanti, con fini esclusivi di rendita e di profitto.
Son d'accordo che non vi è nemmeno necessità di costruire più di tanto a Venezia. Parlando sempre di case pubbliche, bisognerebbe fare una politica più attenta, differenziata ed elastica riguardo le esigenze delle singole persone e famiglie, ed in questo caso vedo di buon occhio la proposta della vendita delle case pubbliche a chi, classe media soprattutto (se così vogliamo definirla!), è sempre in bilico tra affitti che aumentano sempre, e impossibiltà reale di rimanere con senso di stabilità e sicurezza a Venezia acquistandosi un appartamento per se e per il futuro di una stabile e sicura residenzialità dei propri figli: naturalmente sarebbero da porre dei vincoli che sono soprattutto quello di essere residenti in un dato appartamento pubblico da almeno 15, 20 anni, e poi di essere vincolati a non rivenderlo per altri 20 se non 30 anni.
Già così vi sarebbe responsabilizzazione nel mantenersi a proprie spese l'appartamento senza gravare sulle casse comunali (di Insula in particolar modo che a volte fa eseguire lavori di manutenzione e restauro mai definitivi scialacquando danaro pubblico con appalti e subappalti vari!), e soprattutto si inizierebbe a vincere quell'esodo ormai evidente e imperante dal centro storico Veneziano.
Questo secondo me, pur non essendo la soluzione definitiva, sarebbe già un buon primo passo verso una stabile e sicura residenzialità a Venezia.
E c’è una gran differenza di sicurezza psicologica ed esistenziale tra chi possiede una propria casa e chi non ce l’ha ed è vincolato a pagare affitti per tutta la vita.
Si all’acqua pubblica quindi, ma si anche alla proprietà di un’unica casa per se e per la propria famiglia, come primario ed inalienabile diritto dell’individuo alla propria identità territoriale.
Spero che anche Orsoni sia di questo avviso!
Caro Vito, le ragioni che tu sollevi vanno certamente discusse punto per punto. Per questo ti invito all'incontro pubblico che organizziamo come "In comune" giovedì 25 alle ore 17.00 a San Leonardo. A presto.
Giampietro
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