lunedì 8 agosto 2011

Economisti ed economisti

Mi è capitato di leggere, a poche ore di distanza, il punto di vista di due autorevoli economisti sulla crisi globale che stiamo vivendo.
Il primo articolo, a firma di Paul Krugman, sul New York Times del 5 agosto 2011, dal titolo “Le preoccupazioni sbagliate”, mette il dito nella piaga dell’economia americana: la recessione e la dilagante disoccupazione. Il suo “j’accuse” è chiarissimo: l’amministrazione Obama, succube del conservatorismo americano, ha continuato negli ultimi tempi a occuparsi e a preoccuparsi solo di inflazione e di stabilità fiananziaria - l’ “ossessione del deficit”, come la definisce in modo secco ma efficace Krugman –, mentre i cittadini americani erano sempre più in difficoltà: senza soldi e senza lavoro. Il giudizio di Krugman è lucido e diritto: senza crescita e senza occupazione nessuna stabilità finanziaria sarà tale.

Il secondo articolo, a firma di Mario Monti, sul Corriere della Sera del 7 agosto 2011, dal titolo “Il podestà forestiero”, ricorda subito, ai pochi distratti, la fede piena e incondizionata che nutre nei mercati l’autorevole economista nostrano. Una fede che lo porta a fare addirittura proprio il titolo di “mercatista”. Ma soprattutto ad accogliere con entusiasmo le “misure impopolari, ma in realtà positive per gli italiani che verranno” che giungono dai mercati e dall’Europa. Decisioni – sottolinea ancora Monti – prese da un “governo tecnico sopranazionale”. Misure figlie di un “imperativo della stabilità” sacrosanto e necessario. Ora, assunti con responsabilità questi “vincoli esterni”, spetterà – conclude Monti – alla politica italiana disegnare il proprio impegno per la crescita.

Perché così dissonanti questi articoli? Perché così lontani nell’analisi dei problemi e nel sentire i disagi sociali delle rispettive comunità americana e italiana? Perché così opposte le priorità da assegnare alle nostre economie?
Stiamo forse parlando di due mondi distinti o di un unico Mondo – ahimé - in crisi?
Perché oltre Atlantico la crescita è così chiaramente alternativa alle politiche di contenimento del bilancio e alla stabilità monetaria, mentre in Europa potremmo prima tagliare la spesa e poi tranquillamente crescere?
C’è qualcosa di marcio in Danimarca! Qualcosa naturalmente non va in almeno uno dei due ragionamenti.
Quel po’ di macroeconomia che ho imparato nelle aule universitarie mi dice che, a naso, ha ragione Krugman, almeno nel breve termine – e dato che tutta la partita purtroppo si gioca nel breve, nel brevissimo termine…

Queste sono le scelte: o si tutela in primis il lavoro, il potere di acquisto dei lavoratori e delle famiglie o la stabilità, che si raggiungerà forse domani, sarà tristemente inutile. Una soluzione che giungerà quando il paziente sarà ormai cadavere; anzi una soluzione che ne avrà provocato la morte.
E’ cosciente di questo Mario Monti? Si rendono conto i nostri “tecnici” nostrani dello stato in cui versa davvero l’Italia che lavora, o che vorrebbe lavorare e/o che vorrebbe consumare quanto serve per vivere dignitosamente?
Oppure quello che conta è “solo” tranquillizzare i mercati, e poi si vedrà?
“Gli italiani che verranno” non saranno, caro Professor Monti, tutti uguali, perché da questa crisi alcuni usciranno vivi ed altri no. E allora, mentre i “tecnici” preparano nuovi tagli alla spesa sociale, nuovi tagli ai servizi pubblici o ancora, come proposto da un suo esimio collega della Cattolica di Milano, Alberto Quadrio Curzio, un aumento dell’IVA che colpirà solo e unicamente la spesa quotidiana delle famiglie, è ben difficile intravedere o anche solo immaginare la crescita dell’economia italiana.

Ma, piccolo particolare, dei contenuti veri della manovra concordata con l’Europa nessuno sa ancor niente. Forse li conosce il Professor Mario Monti quando definisce quelle scelte “impopolari ma necessarie”?

Un’ultima preoccupata osservazione – e credo sia quella “giusta”, parafrasando Krugman - : se queste sono le scelte, fatte di lacrime e sangue per un popolo ormai allo stremo, che un governo tecnico “deve” adottare, era forse questa la ragione per cui qualcuno voleva chiamare Mario Monti a presiederlo? E il suo articolo di fondo sul Corriere una risposta affermativa e di disponibilità?