mercoledì 25 luglio 2007

A proposito di "scoasse"

Giampietro segnala l'articolo "Una storia di rifiuti buoni" pubblicato questa settimana su Internazionale (n.702 del 20/26 luglio 2007).

Dice Salvatore Aloise*:

"A Mercato San Severino non ci sono cassonetti per strada. E tanto meno cumuli di immondizia sui marciapiedi. Eppure siamo in provincia di Salerno, in quella Campania alle prese, da anni, con il problema dei rifiuti. Niente odori nauseabondi. Niente incendi notturni. (....)
A dire il vero, qualche campana gialla per la raccolta del vetro si vede. Al comune spiegano, però, che ne hanno lasciata qualcuna perché raccogliere il vetro in casa è rischioso. Per il resto, i cittadini devono tenere in casa la spazzatura dopo averla suddivisa. Poi, secondo una precisa turnazione, si mettono fuori dalla porta i sacchetti di diversi colori. La nettezza urbana prevede a raccoglierli. Non solo. Il cittadino mette un codice a barre sui sacchetti e i netturbini lo registrano. Il codice serve a determinare la parte variabile dell'imposta comunale sulla spazzatura. Chi più differenzia è premiato: la bolletta cala. Si può anche andare con i propri sacchetti, sempre nei giorni prestabiliti, al Centro raccolta, dove i rifiuti vengono pesati. In questo caso scatta un ulteriore bonus. "Nella nostra famiglia, anche i bambini lo sanno: i vasetti di yogurt vanno in un sacchetto, le lattine in un altro, il cartone del latte in un altro ancora", spiega la signora Giovanna, orgogliosa di dare il buon esempio. "Basta poco", incalza Mario. "Un po' di attenzione e possiamo contribuire tutti a tenere pulita la nostra città". Basta poco.
Dal 2001, Mercato San Severino è diventata così una specie di isola felice che riesce a fare più del 60 per cento di raccolta differenziata. Poco nota, come quel centinaio di altri comuni campani che, nonostante tutto, riesce a stare nella media del 35 per cento, come previsto dalla legge. "Anche nei momenti peggiori della crisi, qui siamo sempre riusciti a tenere sgombri i nostri marciapiedi", racconta Giovanni Romano, oggi vicesindaco, che è stato sindaco per due mandati e ha ideato il sistema. Il successo lo spiega in poche parole. Fare la raccolta differenziata poteva funzionare solo responsabilizzando i cittadini. "Con i cassonetti per strada no, siamo tutti troppo pigri". (....)

* Salvatore Aloise è corrispondente della rete televisiva franco-tedesca Arte e collabora con il quotidiano Le Monde. Nato in Italia e cresciuto in Francia, è a Roma da diciannove anni.


Giampietro dice: anche questa è Italia. L'ipotesi "senza cassonetti è meglio" non è poi così impossibile. Rimane la questione del come consegnare quando si è single, pendolari, "anomali" nei tempi e ritmi di vita. Ma basterebbero dei centri di raccolta aperti con orari flessibili...

mercoledì 18 luglio 2007

Indice Verbale 7 luglio, Villa Groggia

Alcune presentazioni.

Giampietro: metodo conduzione riunione, verbale, chiarimenti
Blog, semplice e essenziale, se qualcuno vuole può modificarlo.
Pagine aggiuntive, post, contributi

Il verbale diventa una base di discussione

Mario S: metterei le cose insieme. Fare il verbale è noioso, meglio forse degli indici di intervento su cui la persona stessa può inserirsi e completare, come diceva anche Lino.

Maria: l’altra volta già si diceva che il blog è interessante anche per tornare indietro e seguire il processo. Scrivere anche quello che ci rimane impresso detto da altri

Giampietro: dovremmo completare la lista inserendo le persone e gli indirizzi che mancano
Ho una perplessità: se c’è la pigrizia gli indici di intervento rimangono vuoti.

Cristina: ma poi ci mancherà il dibattito

Mario: proviamo oggi. Per le persone che leggono “da fuori” è un modo di veder crescere e svolgere il dibattito. Le riunioni potranno essere uno dei momenti del gruppo.

Lino: ma non si semplificano le cose. Forse il verbale è utile farlo a turno. Obbiettivo di crescita politica e utile per gestire le uscite pubbliche, serve per essere pronti, per avere la capacità di gestire il confronto, garanzia che non è riducibile ad una sintesi caduta nel “solito” gruppo e non di ricerca politica con garanzia di indipendenza individuale. Domande pubbliche e percorso di analisi.

Maria. Formulare meglio per renderci operativi
In forma sintetica e chiara

Yasser: io potrei avere problemi a scrivere sul blog, forse anche per pigrizia

Giampietro: continuo a pensare che sia meglio il principio di addizionalità verbale più blog per lasciare ognuno libero di intervenire nei modi, “alfabeto di socialità”, modi di comunicare e interagire pubblico
Rifiuti, che fare? Dentro e fuori dal gruppo, nel processo si danno le risposte. Il convincimento interno porta a uscire: Gramsciano collettivo che diventa fatto sociale.
La logica del partito porta alla crisi della politica. Sulle pensioni allargamento sociale interessante. Il peso del tempo è determinante in politica..

Yasser: vorrei chiarire la mia posizione sul verbale: meglio un verbale “alleggerito”, conciso

Giampietro: ribadisco il principio di addizionalità

Mario C.: ermeneutica del verbale

Giampietro: ripresa questione rifiuti come “carico ambientale” diceva Mario S. Produzione dei rifiuti collegato allo stile di vita. Basta governare gli stili di vita per cambiare?
Laboratorio Venezia : componente indigena più componente turistica
Città de-territorializzata
governo del territorio
gestione degli spazi pubblici
dimensione dentro e fuori
cassonetti si o no?
E la domenica?
Tempistica: intervento di un “esterno” (Santi e/o Viale), formulazione di domande

Sabrina: ritengo che bisognerebbe unire l’uscita pubblica con l’intervento dell’esperto e coinvolgere l’amministrazione

Mario C.: per il contraddittorio? Meglio uscita pubblica con esperto.

Giampietro: 1° momento con un esperto, un tecnico, importante ma come fatto interno. Non sono d’accordo sul definire buona amministrazione/cattiva amministrazione. Questo è politico, non tecnico.
2° momento con chi fa politica, amministrazione, con domande, idee, non rivendicazioni
3° momento con il coinvolgimento della cittadinanza. Non delegare per non produrre conflitto.

Cristina: non intervenire con conflittualità, sono d’accordo per evitare le solite dinamiche.
A Napoli ho degli amici organizzati che scrivono un giornale di quartiere
Formule di conoscenza

Roberto: Cambieresti, per esempio. La città ha risposto ma poi, dopo otto mesi, è praticamente tutto finito. Rifiuti e risparmio energetico per un discorso più generale.
Scopo degli incontri.
Politica e tecnica.
Costi di Venezia centro storico.

Andreina : credo che Cambieresti non abbia funzionato perché la cittadinanza non ci credeva veramente, perché l’idea partiva comunque dall’amministrazione, non viceversa.

Gigi: all’inizio c’erano anche dei controlli

Mario S: la raccolta è difficile se non condivisa dai cittadini
Tentativo di passare da argomenti “alti” nazionali e locali
Pensioni-rifiuti-stili di vita-TFR

Giampietro: Socialità / Solidarietà

Mario S.: particolarità di Venezia : apertura collettiva e sovrapporsi di società in un centro storico turistico: residenti, pendolari, studenti, turisti
Venezia laboratorio sperimentale. Stili di vita intrecciati e rapporto tra loro.
Operazione ribaltamento. 1000 kg/p./anno di rifiuti: come far rendere economicamente a ogni famiglia il rifiuto
Formalizzare il premio per il recupero al cittadino attento a trasformare il rifiuto in ricchezza

Lino: questione obiettivo del gruppo: tra politica, amministrazione e cittadinanza esistono comportamenti.
Scarichi di “rovinacci”, colline nuove in laguna, responsabilità politiche e amministrative.
Esiste una cittadinanza molto attiva: gondolieri, motoscafisti..
Nuovo tipo di socialità, qui un gruppo di dibattito, non necessariamente in contrapposizione con l’amministrazione. Crescita della cultura politica. Nei verbali si legge la crescita.
“Uso dell’esperto”
educazione e educabilità, sostituire con politica pedagogia, valori della costituzione, assunzione di responsabilità sociale

Giampietro: sforzo del pensare diversamente
La città come campo di battaglia/ abbandono alla realtà isolata di consumatore. Fatto comunicativo.
Scambiatori di valore: discarica trasformata
Produzione di merci / rifiuti
Approvvigionamenti delle città
Economia dell’imballaggio con interessi rilevanti

Mario S.: non ci sono le condizioni per smaltire: un trasloco, per esempio o rovinacci..

Giampietro: ma non sanzioni, legalità e omertà perché se c’è un eccesso di norma ognuno di noi diventa “abusivo”.
La raccolta differenziata è difficile e spesso innesca una socialità negativa

Maria: diversità di comportamenti in Canada, in Italia, rispetto alla legge
Elite canadese
Imprese italiane e gestione del territorio
In Italia si può lavorare sui “difetti”, perché gli italiani sono positivi e vivi

Roberto: modello veneto dell’impresa
Territorio e diversità
Esempio di Berlino, rispetto

Lino: si al principio del no alla sanzione, ma è impraticabile.

Giampietro: efficacia
In Sicilia stato parallelo:mafia, codici diversi
Camorra: esplosione della società
Veneto: antistatalità, stato foresto
Occorre arrivare a pensare:”stato è bello”, “pubblico è bello”
Contrastare il comportamento lesivo degli interessi pubblici

Mario C. : agire politico, concretamente, per arrivare alla cittadinanza. Esercizio di comunicazione ampia, efficacia.

Maria: parlare con le persone anche singolarmente, nella vita quotidiana: non delegare.

Giampietro: cristallizzazione delle idee

Sabrina: piuttosto che andare verso la città con idee è meglio ribaltare: domande alla cittadinanza, inchieste, questionari, interviste, provocazione e slogan per smuovere le coscienze

Giampietro: malinteso: iniziativa del comune per sentire la cittadinanza
E’ necessario sovrapporre i livelli
Sanzioni/incentivi
Legalità/illegalità
Scrivere delle domande
Scrivere anche per il “lancio” una comunicazione/lettera aperta alla cittadinanza

Gigi: rifiuto bello?!?

Mario S.: si, bello

Cristina: esempio di riciclo bello alla Biennale

Mario S. : negozi di abiti usati

Lino: una moda?
Controllo sociale sulla vita quotidiana
Politica per essere protagonisti con gli altri.
Piattaforme di interscambio
Dono: necessità ecologica
O si agisce o si aspetta che diventi appetibile per qualche lobby
La dimensione dell’inchiesta è capitale
Relazione con la gente e comunicazione quotidiana
Trasformazione con interventi paralleli e non verticali
Senso del rispetto pubblico, non delega alla casta
Sottrarsi a meccanismi di potere, sottrazione al mercato

Gigi: problemi di comunicazione.
Apertura agli amici ma poco interesse

Cristina: molto interesse se non si cade in “partitica”

Roberto: anche nel P.D. scontento per verticalità politica e partitica
Occorre cambiare il punto di vista
La tecnica può sposare la politica per velocizzare

Giampietro: prima della soluzione tecnica ci sono scelte politiche pubbliche
Dove è scritto che dobbiamo correre?
Progetti di società veneziana
Scelte su città e società

Mario S: comunicazione e espansione per cerchi. E’ difficile spiegare agli amici quello che facciamo,
invito
nel continuo spiegare agli altri c’è crescita continua.


Roberto: è difficile intercettare la cittadinanza se non su questioni concrete. E soluzioni.
Oggi non si può ancora saltare la gente comune e le loro esigenze concrete

Maria: cultura dell’economia e non della politica
Cambiare atteggiamento e modalità, creare e non accettare.
Non proposte concrete, meglio modalità da condividere, meglio su come fare e non necessariamente fare

Giampietro: il processo di bilancio sociale
No tecnica senza pensiero
La politica non ha riflettuto su quanto ha fatto
Non sono d’accordo sulla necessità di rispondere subito a questioni concrete senza visione ampia
Egoismo contro ragionamento sociale
Il valore non è solo economico
Ribaltare il discorso

Roberto: Sento un rifiuto ideologico verso la tecnica
Il futuro della città
la politica di oggi non è contrapposta a quella del futuro
soluzioni concrete e politiche

Mario S: le soluzioni tecniche possono essere le migliori del mondo e lo sono il Mose, il Passante, ma non risolvono il conflitto e anzi diventano fallimenti politici enormi.

Roberto: occorrono soluzioni tecniche condivise

Maria: particolarità di Venezia
Valorizzazione, non tecnica ma visione politica

Giampietro: Alla politica è d’obbligo dichiarare un progetto di città

Mario C.: come usciamo da qui? Si incastra il problema operatività

Silvia: Un atteggiamento unico per tutti i problemi affrontati
Predisposizione alla discussione

Giampietro: Esperto, domande, ipotesi di lavoro
Interessare la cittadinanza
Per esempio sull’acqua-bene pubblico

Mario C.: eccessiva destrutturalizzazione

Fernando: pratiche di comunicazione e condivisione importanti
Non si può fare a meno di arrivare al confronto con la politica istituzionale
Giochi fatti
Blocchi di potere
Rischio di muoversi bene sul piano delle intenzioni e poi non incidere.
I giochi sono già fatti: sub-lagunare, people-mover

Maria: bisogna incidere sull’approccio generale, non è pensabile sui singoli temi

Giampietro: una strada obbligata con bagaglio leggero e senza zavorra vincolante.
Percorsi autonomi impattanti
Cercare alleanze?
Mancanza di informazione.

Mario S: forse arriveremo tardi.
Vesta vuole cambiare: il bilancio è di colpo risanato, c’è un cambio previsto.
Ci prenderà in contropiede.
Ho lavorato con il Consorzio Ve Nuova.
Il conflitto sociale spaventa: bastano 20-30 persone determinate per bloccare un cantiere.
Le informazioni si trovano, anche noi le possiamo avere.

Maria: vorrei conoscere meglio i dati su residenti e abitanti, sui flussi.

Fernando: esistono buone pubblicazioni, di Casarin, per esempio o del Coses.

mercoledì 11 luglio 2007

Eugenio inserisce il seguente articolo come spunto di riflessione:


La paga
Furio Colombo

Un giovane tatuato e abbronzato di nome Fabrizio Corona attraversa l’inquadratura delle nostre televisioni e tutti gli spettatori sanno, di colpo, che è lui l’eroe del nostro tempo. Come fare a dirlo? Semplice. È ricco. Non ha mai lavorato. Ha colto con prontezza alcune buone occasioni (fotografare e poi ricattare), ha saputo farlo presto (da giovane) con le persone giuste (ricattabili) nel momento più adatto, mentre l’Italia, spaventata dal lavoro precario, dalle pensioni incerte e affascinata dalla ricchezza esentasse, guarda verso il solo valore a cui vale la pena di guardare: il danaro, purché sia molto. E se in mezzo c’è la disavventura della prigione, perché non prenderla come una «isola dei famosi», il luogo da cui passano brevemente (e per poco) con sfacciata spavalderia, tutti coloro che non sanno che farsene della buona reputazione e del vecchio e superato privilegio di essere incensurato, a confronto con una solida agiatezza?
Sono tutti coloro che non dovranno mai sedersi con Padoa-Schioppa per sapere se, quando, con quanto andranno in pensione, dopo trentacinque o quarant’anni di noiosissimo, ripetitivo e magari usurante lavoro e di versamento regolare (se nel tuo piccolo sei fortunato) dei contributi previsti dalla legge, che adesso tutti definiscono «inadeguati» ma che a te portavano via quasi metà della paga. Fabrizio Corona non è solo. Lui e la sua bella ragazza non vivono nel vuoto. Quando non insultano il giudice - un impiegato statale che ha osato interferire con la loro splendida vita - entrano in un’altra inquadratura, dove c’è Lele Mora e una corte di gente giovane, ricca, esentasse, un nuovo festoso presepio a bordo piscina in cui il nuovo Gesù bambino è un pacco di milioni. Per capire Lele Mora e Corona e la nuova Italia delle «Veline» che si presentano per approvazione fisica a certi portaborse di personaggi della Farnesina (ai tempi di Berlusconi) prima di arrivare in Rai, bisogna passare attraverso la sinistra «moderna» di Ichino e Tito Boeri.
Passare cioè attraverso un percorso in cui il duro giudizio per il lavoro (“fannulloni”) e l’irritazione per ogni esitazione a tagliare tasse e pensioni sta spostando tutto il peso, tutta la attenzione su qualunque modo non regolare di guadagnarsi la vita.
Ormai sappiamo che in ogni treno, invece di due ferrovieri ce ne può essere benissimo uno solo, e - per giunta - con un piede sempre su un pedale con cui dimostra di essere sveglio e attento. Se toglie il piede, interviene la direzione.
Ormai sappiamo che, da una parte della vita, una serie di nuove leggi molto lodate come “moderne” preferiscono definire il lavoro come una serie successiva di gabbie di precariato o, come dicono certe volte con linguaggio benevolo, “di lavoro a progetto”. E, dall’altra parte, coprono di vergogna gli anziani che vorrebbero staccare dopo 35 anni o 40 anni di effettivo lavoro; si fa del sarcasmo facile sul lavoro usurante (mimando timbri e sportelli) e si accusano i vecchi di bloccare, con la loro pretesa alla pensione - e magari a un po’ più di pensione - la strada ai giovani. Lo si rimprovera a loro, non a chi - in passato - ha governato male il paese, non a chi ha gestito male o liquidato o svenduto le imprese.
Allora l’immagine di Corona, che alla sua giovane età, circondato di ragazze svestite, con foto e ricatti e allegria e libera impresa ha già accumulato milioni (di cui si vanta senza che sia mai stato verificato il suo status fiscale) diventa l'immagine dell'eroe del nostro tempo. Non vorrai entrare nella gogna del precariato, passare la vita da fannullone ed affrontare una vecchiaia in cui ti ingiungono di restituire come un maltolto un po’ di anni di vita e un po’ di pensione?
* * *
Ho rispetto e attenzione per il prof. Ichino e per il prof. Boeri, e so benissimo che esistono i “fannulloni”. Esistono, quando è possibile (ma - diciamo la verità - meno che in altri settori e livelli sociali della vita) nel lavoro salariato e stipendiato. Perché ho detto «meno che in altri settori»? Credo che la risposta sia evidente: nel lavoro retribuito con paga o salario ci sono più controlli che per Tronchetti Provera. Dubito, per esempio, che ci siano “fannulloni” nel settore privato. E domando a Ichino: quanti “fannulloni” ci saranno nel settore pubblico della Agenzia delle Entrate se c’è stato, in un solo anno di attenzione di governo, un aumento così drammatico del gettito fiscale, un aumento grande abbastanza da cambiare in parte (disgraziatamente con infinita discussione ed estenuante indecisione) i piani prudenti di questo governo? Sappiamo tutti di disfunzioni del settore pubblico come le liste di attesa degli ospedali. Ma ogni indagine, anche privata e accurata, accerta clamorose colpe organizzative delle direzioni generali e delle Regioni. E anche una clamorosa insufficienza di personale e di fondi. Abbiamo tanti scandali di malasanità in Italia,ma non quello del personale sanitario che fa festa al bar mentre i pazienti attendono nelle famose liste di attesa.E non abbiamo alcun sistema per identificare e premiare i bravi. Eppure i bravi ci sono. Sono gli impegnati, i volontari del proprio lavoro pubblico che restano in ore non pagate e tornano in giorni non previsti. Devono esserci, se in un sistema pubblico così disarticolato da sovrapposizioni di leggi, brusche variazioni di orientamento politico, strani regolamenti mai aboliti e sindacati accusati di tutto, la durata della vita umana in Italia è un po’ più lunga che in America.
Vorrei essere chiaro. Ogni contributo a migliorare uno Stato malandato e una burocrazia così ossessiva e radicata nel costume che - appena possibile - si riproduce, come un incubo da fantascienza, anche nel settore privato, è utile, importante, urgente, specie se viene da fonti esperte di strutture complesse e capaci di semplificazioni organizzative.
Ma ecco da dove viene un problema grave che - anche nei dibattiti di sinistra - sta inquinando la vita politica e persino i passaggi logici delle mille discussioni che si accendono su come cambiare il futuro. Si sovrappongono due leggende che cercherò di ripetere qui, e di chiarire.
La prima è un percorso soggettivo che addita individui colpevoli. Sono i “fannulloni” di Ichino, sono coloro che “pretendono” di andare in pensione troppo giovani (o secondo i loro comodi) nelle riflessioni di Tito Boeri. È strano come gli esperti e autorevoli “discussant” (come si dice nelle tavole rotonde anglosassoni) non vedano la futilità di disegnare la scena del lavoro e quella della fine del lavoro a partire dalla trovata di creare una gogna per il “fannullone” e una gogna per il lavoratore in fuga verso la pensione.
È strano, perché nessuno troverebbe di buon gusto dire che i commercianti fischiano Prodi e Visco perché non vogliono pagare le tasse. Diremmo subito che fischiano - santo cielo - perché pagano troppe tasse. Al piccolo imprenditore scontento diciamo che si deve prestare ascolto. È giusto. Ma ci intratteniamo volentieri con il mito del lavoratore “fannullone” e con il rito dell’operaio in cerca di via di fuga, attraverso la pensione, dalla ripetizione infinita degli stessi gesti quotidiani, come se si trattasse di intere categorie di profittatori ben accasati dentro fabbriche e uffici, sotto una pioggia di benefici a cui, anche adesso che la festa è finita, non intendono rinunciare.
Strano anche che questa “festa finita” non impedisca di promettere prontamente nuove, ulteriori facilitazioni alle imprese (giusto, se è possibile facciamolo subito) e consigli un rispettoso e attento ascolto dei fischi e dei boati dei commercianti, artigiani, professioni liberalizzate in rivolta (certo che si deve ascoltare, e sanare subito eventuali errori e ingiustizie).
Ma se si tratta di lavoratori che si allarmano (dopo decine di convegni e centinaia di telegiornali) sul crollo del sistema previdenziale e sul costo del lavoro, sempre eccessivo- ci dicono- dal 1950 ai giorni nostri, e se si allarmano e protestano, e se, protestando mettono in moto i sindacati, subito si parla, nell’ordine: di sindacati conservatori, di rigurgiti massimalisti, di politica di estrema sinistra o di sinistra antagonista. Eppure la difesa del lavoro non è mai stata di estrema sinistra o di sinistra antagonista, ma soltanto di sinistra. È sempre stata ben dentro le strutture democratiche nelle quali chi lavora vuole continuare ad avere diritto di rappresentanza e di parola. Questa sinistra infatti sa benissimo che accanto alle teorie totalmente liberista del Nobel Milton Friedman - che ispira economisti di destra come Martino e Tremonti,e anche un po’ di riformatori- ci sono le voci del Nobel Joseph Stieglitz, del docente di Princeton Paul Krugman e, in Italia, dell’amato e rimpianto Sylos Labini, che - in difesa del lavoro - hanno avuto a hanno ancora molto da dire.Hanno da dire - soprattutto - che sul lavoro, e non sulla finanza, si fonda la democrazia e quella speciale forza della democrazia che viene dalla partecipazione e dal consenso.
* * *
C’è poi una seconda leggenda che circola negli infaticabili convegni economici sempre dedicati alla “festa finita” per le donne e gli uomini del lavoro quotidiano e del reddito fisso che credevano di meritare un po’ di pace, ma che alla “festa”(che adesso è finta) non sono mai stati invitati. Citerò la leggenda con le parole di Michele Salvati (Il Corriere della Sera, 30 giugno): «È l’alternativa statalista e socialdemocratica vicina alle posizioni del sindacato e delle grandi burocrazie, condivisa da coloro che ritengono che i problemi sociali si risolvono buttando soldi addosso. Insomma il “tassa e spendi” della nota caricatura della sinistra». Tutto ciò, secondo Salvati «sta nella pancia di buona parte del popolo di sinistra». Se intende dire che il popolo di sinistra è il popolo della gente che lavora e che dunque questa gente è un po’ ansiosa sulla continuazione del posto di lavoro e sulla pensione (che forse non sarà tanto presto e non sarà tanto grande) ed è un po’ pessimista, e non partecipa alle effervescenze del “Billionaire”, ha ragione. Ma potrebbe Salvati fare un esempio di governo “tassa e spendi” fra le democrazie industriali di oggi nel mondo? Potrebbe dirci se e quando, dai tempi del “New Deal” roosveltiano che ha posto fine alla grande depressione americana, causata da un mercato che non voleva regole, esistono (e dove) «coloro che ritengono che i problemi sociali si risolvono «buttando i soldi addosso»? Ha mai visto, in Italia, l’ospedale San Giacomo (Roma) o, in Usa, l’ospedale militare Walter Reid (Washington) dove i topi convivono con i feriti e i mutilati dell’Iraq? Perché parlare di un mondo che non esiste e intanto screditare ansie e fatti e realtà e paure del mondo del lavoro quotidiano che richiedono - se mai - grandi ripensamenti delle strutture organizzative, come ai tempi di Adriano Olivetti, piuttosto che gogna e sarcasmo per il “fannullone” (a proposito, si può essere fannulloni di propria iniziativa, dentro strutture bene organizzate, efficienti, ben dirette, che funzionano?) e ironia sul prendi e fuggi della pensione? Manca il quadro largo intorno al “fannullone”, subito diventato celebre, di Ichino. Ovvero la domanda “a monte” sulla organizzazione del lavoro e la sua efficienza in cui chi lavora è partner e non clown per la ricreazione dei riformisti doc.
Manca la realtà nel paesaggio di Michele Salvati. Nessuno tira i soldi addosso a nessuno, perché i soldi sono nei tesoretti di Corona e Fiorani e Lele Mora, veri monumenti al valor civile del nostro tempo. I costi del lavoro li stabiliscono loro. La pensione, magari un po’ eccessiva, l’hanno già accumulata. E il resto è vita, ben documentata da giornali e telegiornali.
I figli di quei poveri diavoli che adesso sono col cuore in gola in attesa di sapere se devono vergognarsi di andare in pensione prima dei sessantacinque anni (sempre che non siano stati già prepensionati a cinquanta anni dalle loro pregiate ditte in successive operazioni di “snellimento” che hanno risanato centinaia di aziende e zavorrato pesantemente l’INPS) adesso, quanto a modello per il futuro, sanno dove guardare. Certamente non vorranno cadere nella trappola del lavoro, della paga, della pensione. Se non ci occupiamo del destino di chi lavora che, alla fine, se tutto va bene va in pensione con un minimo di rispetto e di dignità, Fabrizio Corona sarà il nuovo modello per la prossima Italia.


furiocolombo@unita.it
Pubblicato il 08.07.07