venerdì 19 marzo 2010

Difendiamo il patrimonio pubblico

Il 20 marzo sarà una giornata di mobilitazione nazionale per affermare che l’acqua è un bene pubblico. Nel paese di Berlusconi, purtroppo, questa cosa, che i bambini capiscono benissimo, non è affatto scontata.
Non è scontato neppure, nel mondo di “un culo su do careghe” - alias Renato Brunetta - , che le case popolari siano un patrimonio sociale che preserva tutti. Perché a tutti, meno che a Mr. Week-end, sapere che in una situazione di bisogno potremmo accedere a un alloggio, ci fa sentire un po’ meno insicuri e meno soli.
Ma no, si sa, l’indole proprietaria del ministro della funzione pubblica è smisurata. Per questo vuole ottenere, in tempi brevissimi, devastanti risultati. Vendere il patrimonio dell’ATER significherebbe, infatti, chiudere l’accesso a una casa popolare a chiunque ne avesse bisogno e, nello stesso tempo, significherebbe svendere in un colpo solo un patrimonio immobiliare preziosissimo.
Bingo! – direbbe il malefico Joker nella Gotham City di Batman. Eppure, con tutta la nostra fantasia, stentiamo a credere che il sadismo di “un culo su do careghe” voglia davvero portare lo spirito malefico di Joker proprio a Ca’ Farsetti.
Ma torniamo a più seri ragionamenti.
La febbre della liquidazione immobiliare non è a Venezia una malattia delle ultime ore.
Cacciari ha zelantemente ben incarnato il ruolo del liquidatore immobiliare. Sua è purtroppo l’invenzione delle ultime cartolarizzazioni e dell’entrata in scena a Venezia di Mr. Mossetto e della sua EST CAPITAL. Il fondo Real Venice, di proprietà di Mossetto & Co., possiede ormai alcune delle gioie del nostro ex-patrimonio comunale.
E così hanno infatti privatizzato mezza isola del Lido – dall’Ospedale al Mare al Forte di Malamocco senza trascurare aree verdi di inestimabile valore.
Il mantra – lo sappiamo – è sempre lo stesso: “no ghe xe schei fioi e no podemo far altro!”
Un “altro” che noi invece vogliamo non solo immaginare ma pretendere dalla prossima amministrazione comunale. Un altro, senza se e senza ma. Perché continuando di questo passo non solo il pubblico non avrà più una funzione di servizio in città ma non avrà soprattutto alcun ruolo regolatore nelle logiche immobiliari cittadine.
Perché – ed è bene ricordarlo – tutti gli immobili venduti hanno una sola ed unica destinazione: la trasformazione in strutture ricettive o di supporto all’economia turistica.
Oggi qualcuno piange perché la Corte costituzionale mette i bastoni fra le ruote al cambio di destinazione d’uso degli immobili alienati. Ma, francamente, noi non sappiamo chi pianga di più: se le finanze del Comune o la città, che vedrebbe ridotte ulteriormente le sue funzioni urbane, a profitto di una monocultura turistica sempre più devastante.
Occorre dunque cambiare registro. L’acqua è e deve rimanere bene comune. Le case popolari sono e devono restare un bene sociale. Il patrimonio comunale è uno spazio pubblico irrinunciabile per difendere e ricostruire la biodiversità urbana.
Ai contabili che si stracciano le vesti per i deficit di cassa e ai furbi che si leccano i baffi di fronte a tanta cuccagna in liquidazione dovremo, equamente, nella prossima amministrazione, porre un sacrosanto freno.
Per rimettere, semplicemente e con determinazione, al centro la politica e il bene cittadino. Ricordiamocelo, senza esitazioni, quando depositeremo il nostro voto nell’urna.

Giampietro Pizzo

domenica 14 marzo 2010

L’affaire Di Girolamo e il signor Marchi

Qualche giorno fa, durante la tempesta che ha portato alle dimissioni del senatore Nicola Di Girolamo per riciclaggio e infiltrazioni mafiose nella sua elezione a senatore della Repubblica, per poco, e fugacemente, è apparso nella cronaca che lo riguardava anche il nome di Enrico Marchi – presidente della SAVE.
Poche settimane orsono, il signor Marchi è stato al centro di una delle scelte politiche più delicate per il futuro di Venezia: Tessera City.
Tessera City - per i pochi distratti o smemorati – è il nome della maggiore operazione immobiliare che si prepara a Venezia e che significherà, se le istituzioni di questa città non vi si opporranno presto e con determinazione, il sorgere ex nihilo di una enorme nuova area edificabile privata di cui sono dubbie sia l’utilità pubblica che le modalità di realizzazione e di gestione.
Come purtroppo sappiamo sin troppo bene, nel “bel paese” le operazioni immobiliari sono state e sono tuttora, purtroppo, altamente “sensibili”: facile preda di appetiti poco leciti, di manipolazioni illegali, e nel peggiore dei casi, esposte a vere e proprie infiltrazioni mafiose.
Le più attente indagini e analisi del fenomeno criminoso ci dicono che i grandi interessi della mafia si sono ormai trasferiti “altrove”: in Italia e in Europa.
Quando con poco – in questo caso una “semplice” osservazione dei privati a una variante del PRG di Venezia – si può, come Re Mida, trasformare ettari di terra in oro, è quanto meno doveroso essere doppiamente prudenti.
Si dà invece il caso che il dominus di tutta l’operazione – il signor Enrico Marchi, per l’appunto – sia stato “malgré lui” molto vicino al detto ex-senatore di Girolamo.
Nel gennaio 2007 Enrico Marchi acquisisce il controllo della società finanziaria svizzera EgoBank proprietà di Di Girolamo e ne condivide l’amministrazione per qualche tempo. Le cointeressenze durano in verità 18 mesi (sino al luglio 2008, da quanto si deduce dalle anticipazioni sulle indagini giudiziarie in corso).
Come ha dichiarato la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, la banca, che ora è controllata da Marchi: «era una delle "centrali" del flusso di riciclaggio e spartizione del denaro tra i membri della banda delle frodi telefoniche».
Accortamente, Enrico Marchi, neo-proprietario della banca di Di Girolamo, provvede a cambiarne il nome (da Egobank a Banca Credinvest). Forse per segnare una ragionevole discontinuità con il suo discutibile predecessore?
Comunque sia, credo che questa “notizia” non debba passare sotto silenzio e che un approfondimento politico ancor prima che giudiziario sia doveroso.
Ne va, del resto, del destino non solo e non tanto di un uomo d’affari ma di un pezzo importante della nostra città e del nostro territorio. Spero che molti concorderanno con il sottoscritto – a cominciare dal sindaco uscente che ha condiviso non poche scelte amministrative e territoriali con il presidente di Save negli ultimi tempi.
Ne va, infine, del nostro futuro: un futuro che vorremmo trasparente, sicuro e senza pericoli di infiltrazioni (di qualsiasi genere).
Spero che tutti, a destra come a sinistra, ne converremo. E che nessuno risponderà che sono affari di Marchi. No, signori, sono proprio affari nostri!
Anche questa può essere una buona base di partenza per l’amministrazione comunale che verrà.

Giampietro Pizzo

martedì 2 marzo 2010

Alla ricerca del buon candidato

Oggi è stato pubblicato l’elenco delle liste e dei candidati che ritroveremo sulla scheda delle elezioni comunali il prossimo 28 e 29 marzo. Come sempre, tanti nomi e tante ragioni diverse: alcune più pesanti, altre dissonanti, altre semplicemente occasionali.
“E’ la democrazia, bellezza!” – mi diranno subito i più accorti. E sia, ma come districarsi, come venirne a capo?
Due approcci mi vengono subito alla mente.
Il primo è quello del tifoso, che sceglie senza esitare e che, come direbbe una mia amica emiliana, non ha paura a mettere “il cervello in folle” e a fare tutto il possibile perché la sua squadra (il suo partito) vinca, costi quel che costi.
Il secondo, decisamente più scettico, è quello di chi guarda a questo guazzabuglio e fatica sinceramente a farsene una ragione.
Io, lo ammetto, sono più interessato al secondo gruppo. Per due ordini di ragioni: la prima, triviale, è che non sono un tifoso (neppure di una squadra di calcio); la seconda, è che vorrei mettermi davvero nei panni di un elettore che scende sul pianeta “Venezia” e che cerca di capirci qualcosa.
Il punto di partenza purtroppo non è incoraggiante: e capirci qualcosa è estremamente complicato.
Cerchiamo allora di raccattare qualche strumento che ci possa servire nella perigliosa navigazione elettorale.
Come leggere e scegliere tra i candidati?
Con banalità, direi: usando un po’ di intelligenza e un po’ di passione. Ma su questo piano ognuno troverà risposte distinte e scelte differenti. E ognuno avrà le proprie argomentazioni: il tale mi è più simpatico o il talaltro è senz’altro più competente e capace.
Quello che invece ci dovrebbe innanzitutto trovare tutti concordi è che disonestà e individualismo sono due mali maggiori per la democrazia. Due mali che rendono la democrazia brutta, volgare, arruffona e disastrosa, per la comunità che la pratica o che semplicemente la ospita.
Noi, invece – poveri Candide! -, ci ostiniamo a credere che la democrazia debba essere bella, dunque complicata, dunque difficile, dunque necessaria.

La politica mi appassiona, ma probabilmente non ci capirò mai quanto basta per cambiarla.
Per questo, come recita uno dei personaggi della letteratura che mi accompagna sin dall’infanzia, il signor Cipollone, padre di Cipollino, uscito felicemente dalla penna di Gianni Rodari, dirò: “figlio, vai per il mondo e studia. Studia i briganti che troverai sulla tua strada”. Se questa lezione morale ha un senso, allora la prima cosa che suggerisco ad ognuno di noi, è di mettere da parte, come se si trattasse di merce avariata, i tanti troppi “briganti” che troveremo sulla nostra scheda elettorale.
Fatta la cernita, e sarà – ahimé – abbondante, vediamo quello che resta.
Restano – scusate se taglio con l’accetta – tre classi di persone: quelle che stanno sempre con chi vince (i cosiddetti opportunisti); quelli che stanno sempre contro (i cosiddetti apocalittici) e quelli che cercano di capire qualcosa di quello che può essere fatto.
Consiglierei di scartare le prime due categorie umane e di concentrarsi con determinazione sulla terza. Lo dico perché, a questo punto, abbiamo ancora molta strada da fare.
Diciamo che a questa terza lista di persone possiamo ricondurre almeno due tipi umani: coloro che tirano a campare, sapendo che gli uomini non sono né buoni né cattivi, e coloro che sognano di cambiare il mondo, e si illudono che gli uomini sia più buoni che cattivi.
I primi saranno anche i più intelligenti; i secondi, sicuramente meno, ma sono quelli che amo di più.
Personalmente li amo perché sognano contro l’evidenza, perché non si arrendono davanti alle miserie umane, perché sono ingenui quando tutti sono scaltri e sono svegli quando tutti dormono.
Certo, sono la minoranza e sono la minoranza che quasi sempre perde. Ma, chissà, “avere un sogno” è quello che rende il futuro possibile e la politica qualcosa di bello.
A cercare e cercare, ne troveremo sicuramente pochi nella congerie delle liste elettorali e fra i candidati. Ma se nella difficile selezione ne rimarrà anche solo uno, uno soltanto, per quanto mi riguarda sarà valsa la pena.
E per la comunità cittadina, la democrazia rappresenterà ancora una volta la migliore speranza.

Giampietro Pizzo