domenica 14 marzo 2010

L’affaire Di Girolamo e il signor Marchi

Qualche giorno fa, durante la tempesta che ha portato alle dimissioni del senatore Nicola Di Girolamo per riciclaggio e infiltrazioni mafiose nella sua elezione a senatore della Repubblica, per poco, e fugacemente, è apparso nella cronaca che lo riguardava anche il nome di Enrico Marchi – presidente della SAVE.
Poche settimane orsono, il signor Marchi è stato al centro di una delle scelte politiche più delicate per il futuro di Venezia: Tessera City.
Tessera City - per i pochi distratti o smemorati – è il nome della maggiore operazione immobiliare che si prepara a Venezia e che significherà, se le istituzioni di questa città non vi si opporranno presto e con determinazione, il sorgere ex nihilo di una enorme nuova area edificabile privata di cui sono dubbie sia l’utilità pubblica che le modalità di realizzazione e di gestione.
Come purtroppo sappiamo sin troppo bene, nel “bel paese” le operazioni immobiliari sono state e sono tuttora, purtroppo, altamente “sensibili”: facile preda di appetiti poco leciti, di manipolazioni illegali, e nel peggiore dei casi, esposte a vere e proprie infiltrazioni mafiose.
Le più attente indagini e analisi del fenomeno criminoso ci dicono che i grandi interessi della mafia si sono ormai trasferiti “altrove”: in Italia e in Europa.
Quando con poco – in questo caso una “semplice” osservazione dei privati a una variante del PRG di Venezia – si può, come Re Mida, trasformare ettari di terra in oro, è quanto meno doveroso essere doppiamente prudenti.
Si dà invece il caso che il dominus di tutta l’operazione – il signor Enrico Marchi, per l’appunto – sia stato “malgré lui” molto vicino al detto ex-senatore di Girolamo.
Nel gennaio 2007 Enrico Marchi acquisisce il controllo della società finanziaria svizzera EgoBank proprietà di Di Girolamo e ne condivide l’amministrazione per qualche tempo. Le cointeressenze durano in verità 18 mesi (sino al luglio 2008, da quanto si deduce dalle anticipazioni sulle indagini giudiziarie in corso).
Come ha dichiarato la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, la banca, che ora è controllata da Marchi: «era una delle "centrali" del flusso di riciclaggio e spartizione del denaro tra i membri della banda delle frodi telefoniche».
Accortamente, Enrico Marchi, neo-proprietario della banca di Di Girolamo, provvede a cambiarne il nome (da Egobank a Banca Credinvest). Forse per segnare una ragionevole discontinuità con il suo discutibile predecessore?
Comunque sia, credo che questa “notizia” non debba passare sotto silenzio e che un approfondimento politico ancor prima che giudiziario sia doveroso.
Ne va, del resto, del destino non solo e non tanto di un uomo d’affari ma di un pezzo importante della nostra città e del nostro territorio. Spero che molti concorderanno con il sottoscritto – a cominciare dal sindaco uscente che ha condiviso non poche scelte amministrative e territoriali con il presidente di Save negli ultimi tempi.
Ne va, infine, del nostro futuro: un futuro che vorremmo trasparente, sicuro e senza pericoli di infiltrazioni (di qualsiasi genere).
Spero che tutti, a destra come a sinistra, ne converremo. E che nessuno risponderà che sono affari di Marchi. No, signori, sono proprio affari nostri!
Anche questa può essere una buona base di partenza per l’amministrazione comunale che verrà.

Giampietro Pizzo

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