giovedì 14 febbraio 2008

Fare società

“Fare società” non è solo una felice espressione coniata da Aldo Bonomi per descrivere la domanda che viene alla Politica dal territorio italiano.
Fare società è, prima ancora, la volontà che esprime chi, ora, in Italia, non vuole arrendersi alla dissoluzione della Politica.
Ma la Politica vive se il legame sociale torna ad essere il nesso fondatore del nostro esistere come cittadini in questo Paese e in questo tempo.
La Politica non muore se l’individualismo proprietario non azzera la grande tradizione italiana del vivere insieme.
Di fronte al tentativo di cancellazione del produttore e alla solitudine del consumatore, occorre ritrovare – sperimentando e innovando – una dimensione collettiva.
Se, come appare chiaro, l’individuo è impotente, allora la risposta non può che essere collettiva.
La libertà individuale non ha futuro senza pratiche autentiche di solidarietà, senza dispositivi che sappiano davvero garantire e valorizzare le scelte individuali. Non ci sono diritti difendibili senza autentiche eguaglianze civili e sociali.
Da questo occorre ricominciare per rendere operabile un progetto politico che “faccia società”.
Vano è credere che possa essere il Mercato il luogo dove le libertà e le uguali opportunità si affermano e crescono. Del resto, è chiaro a tutti che quando entra in scena il Mercato, il mercato globale, pressoché nulla di rilevante sul piano sociale e dei diritti è decidibile: sono sempre e solo i vincoli esterni della competitività e della credibilità internazionale a decidere al posto della Politica. Se questo è il progetto che, tanto a destra che al centro, il PdL e il PD vanno partorendo, allora l’unico spazio residuale è quello amministrativo-gestionale, con buona pace della Politica. Il mantra delle privatizzazioni e del contenimento della sfera pubblica non potrà che spianare la strada a questo riduzionismo politico. Ma davvero è pensabile che questo sia l’unico scenario?
Io, invece, voglio che il Pubblico rappresenti ancora un orizzonte possibile in cui costruire diritti e socialità. Un Pubblico come valore ancor prima che come tecnica di governo.
Deve essere questa – non altra – la forza, il sogno di una Sinistra degna di questo nome.
Ma, innanzitutto, il “voglio” deve diventare “vogliamo”. Per questo occorre ricostruire una dimensione autentica di linguaggio, di azione collettiva che sia capace di generare fiducia, di passione e progetto per tutti, di visione e di fare per ognuno.

Giampietro Pizzo

1 commento:

Anonimo ha detto...

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