domenica 2 marzo 2014

Il Corpo dell'Europa


L’Europa odierna, nelle sue varie declinazioni - da Renzi a Schulz, da Barroso a Hollande, per non parlare della Merkel – è contenuta in un’architettura rigidissima; una costruzione che pretendeva di essere avvenieristica ma che si è rivelata invece fragilissima, e destinata a crollare alla minima scossa sismica.
Rigidità, questo è purtroppo il carattere dominante dell'Europa voluta con i Trattati di Maastricht e di Lisbona: massimo 3% di disavanzo, massimo 60% di debito pubblico sul PIL, eccetera. Vincoli  senza forze, materiali senza un progetto.
E se la rigidità è l'attributo prevalente del corpo istituzionale europeo, va ricordato allora che la sclerosi è una grave patologia della vecchiaia e non corrisponde affatto agli attributi di una creatura, l’Europa appunto, che nel 1990 si pensava come giovane e prospera. Ecco perché ora è indispensabile cambiare registro. 
Nei prossimi mesi avremo bisogno di flessibilità e reattività: reattività con quanto accade in Europa e nel Mondo; flessibilità rispetto alle domande sociali insoddisfatte. Un’Europa in simbiosi con le forze positive: idee, energie sociali, coesione; un’Europa in grado di contrastare e di produrre anticorpi dinanzi a quanto mina il nostro futuro: guerra, speculazioni finanziarie, rendite parassitarie e competitività economiche ingiustificate.
In questi giorni, uno studioso francese ha ben descritto la nostra attuale condizione di europei: l’Europa ha definito con ostinata precisione il "testo" (le regole) ma non ha saputo governare per nulla il "contesto" (la realtà). (A rettifica, io aggiungerei che anche il "testo" dovrà essere emendato,  se vorremo governare al meglio il "contesto").
A conferma di questa tesi basti ricordare l'incapacità di Bruxelles, Francoforte e Strasburgo nel reagire alla crisi economica internazionale del 2007 e ancora – nelle ultime settimane - la sordità e cecità di fronte a quanto andava accadendo ai confini dell'Europa (vedi Ucraina).
Sapremo ora reagire alla peggior crisi del dopoguerra e ai nuovi minacciosi venti di guerra?
Certo, sarà compito difficile, ma per farlo occorrerà innanzitutto ritrovare la dinamica propria a un organismo politico: un organismo in grado di riconoscere i bisogni e le potenzialità delle comunità; un organismo in grado di esprimere un compiuto progetto di vita sociale. Un organismo, in sintesi, capace di far dialogare le sue varie parti (gli Stati membri) concependoli non come strumenti contrapposti ma come organi integrati, cioè come parti indispensabili, gli uni agli altri.
Se viceversa qualcuno pensa di poter continuare a governare l'Europa come se fosse una stupida struttura gerarchica, o peggio ancora una vecchia catena di montaggio con un centro (l'asse Germania/Francia) che dà ordini al resto dell'Europa, è bene che questa élite politica si ricreda. Oppure dovremo, il prima possibile, metterla in condizione di non nuocere.

Venezia, 1 marzo 2014

Giampietro Pizzo

PS: Per memoria storica, vale la pena ricordare che un vero riformatore e socialista come Jacques Delors negli anni '80 aveva ben capito quale fosse la sfida: far interagire le varie parti del corpo europeo. Per questo ideò e mise in opera un investimento straordinario a scala europea: i fondi strutturali per la coesione sociale e territoriale, per far sì che l'Europa mediterranea potesse recuperare almeno in parte la distanza che la separava dal centro europeo. Dopo Delors, purtroppo, si sono susseguiti a Bruxelles politici di pessima qualità e burocrati ancor peggiori; e questi, il va sans dire, hanno percorso tutt’altra strada. Riprendere ora il cammino, per sanare gli errori di questi decenni, sarà compito non comune ma necessario, per tutti coloro che credono davvero nell'Europa.

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