giovedì 13 marzo 2014

Considerazioni della Prof. Kuby sulle elezioni tedesche di settembre 2013


Avvicinandoci alla prossime Elezioni Europee del 25 maggio 2014, pubblichiamo l'interessante analisi e le considerazioni sulle recenti elezioni tenutesi in Germania nello scorso settembre 2013 espresse dalla prof. Susanne Kuby durante l'incontro da noi organizzato svoltosi presso la Casa dei Mori (https://maps.google.it/maps/ms?msid=204965052381782338998.0004de7d427395bca534e&msa=0 ) immediatamente dopo l'uscita dei risultati stessi:
"Nessuna alternativa ovvero Keine Experimente!
Se le elezioni potessero cambiare l’assetto del potere sarebbero proibite: questo detto popolare si è dimostrato di nuovo fondato lo scorso 22 settembre 2013 quando 61,8 milioni di tedeschi si sono recati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento, il Bundestag, al quale spetterà poi l’elezione del nuovo Governo federale.
Il risultato finale: la maggioranza di 319 seggi dei tre partiti che siedono a sinistra della CDU/CSU (311 seggi) non modificherà le previsioni che davano ancora vincente la Cancelliera Merkel, anche se al momento non si sa ancora con chi governerà.
Questo è dovuto al fatto che la SPD continua a escludere a priori la sinistra ex-comunista, la cosiddetta LINKE, come possibile partner politico e sembra non aver ancora capito - in ben 100 anni di arrugginito anticomunismo - che ciò costituisce ancor oggi il vero handicap politico per un’eventuale prospettiva di alternanza governativa “a sinistra”.
Una ipotesi lontana prescindendo anche dal fatto che la SPD di Schröder e Steinbrück ha realizzato la trasformazione neoliberale decisiva per l’assetto economico su cui oggi si basa gran parte del consistente surplus tedesco! Come pure il progetto di estendere a livello europeo l’Agenda 2010 all’Agenda 2020, elaborata con la Francia, per garantire in futuro la competizione con i paesi BRIC sul mercato mondiale applicando un’ulteriore“moderazione  salariale”.
Poiché fin dall’inizio era improbabile una svolta verso una maggioranza SPD con i Verdi con un Peer Steinbrück Cancelliere, non restava agli elettori tedeschi che la seguente “scelta”: votando CDU/CSU o FDP o Verdi o SPD sarebbe sempre risultata una coalizione con Angela Merkel Cancelliera.
17, 8 milioni di elettori (28,5 %) hanno declinato l’invito e disertato le urne non sentendosi più rappresentati per svariati motivi in questo sistema elettorale.
La partecipazione al voto (71,5 %) è stata più alta rispetto alle regionali, nelle quali vota ormai solo un 60-65 % degli aventi diritto. Ma dei 44 milioni che sono andati alle urne ca.7 milioni di elettori (circa un 16%) non saranno rappresentati avendo dato il loro voto a dei partiti (in tutto una trentina) che non hanno superato la soglia di sbarramento del 5% (come la FDP, la nuova AfD, i Pirati, la NPD e altri minori).
Ciò significa che ca. 25 su quasi 62 milioni di elettori restano alla porta e le preferenze dei restanti 37 milioni di votanti si dividono quasi a metà tra la Unione di CDU/CSU (con il 42 % che scende ad appena il 30% se rapportato al numero effettivo degli aventi diritto!) e il 42,7% quale somma di SPD (25,7%), LINKE/Sinistra (8,6 % ) e GRÜNE/Verdi (8,4%).
Il “trionfo della regina Merkel” - sbandierato dai massmedia pressoché tutti omologati - si basa dunque sul voto diretto di meno di un terzo degli elettori tedeschi complessivi.
Che la CDU sia stata beneficiata dall’uscita dal parlamento dei liberali della FDP (è la prima volta che accade!) - finora con essa in coalizione di governo - costituisce il principale cambiamento dello scenario partitico, ma si considera già come una vittoria di Pirro. Il crollo dei liberali del 10% ad un insufficiente 4,7% ha incrementato anche la euroscettica AfD (Alternative für Deutschland) di recente formazione, che solo per poco non ha raggiunto il 5 % e che condizionerà il nuovo governo soprattutto in vista delle prossime elezioni europee, dove il quorum scende al 3%. Ambedue FDP e AfD sono espressioni dirette degli interessi differenziati del grande capitale finanziario e industriale che gioca un ruolo decisivo in Germania e che condiziona fortemente la Cancelliera con la faccia pulita della massaia tanto brava a tener in ordine i conti di casa, che - a detta sua - di sera cucina volentieri una minestra di patate per il marito.
In una campagna elettorale autoreferenziale e noiosa, dalla quale sono rimaste eluse le pressanti tematiche riguardanti l’assetto economico e politico europeo e il conseguente ruolo presente e futuro della Germania, i due partiti maggiori hanno puntato tutto sui due candidati alla Cancelleria, Merkel e Steinbrück, che per quattro anni - dal 2005 al 2009 - avevano collaborato nella “grande coalizione” gestendo insieme la fase acuta della “crisi” economica, imponendo il salvataggio delle banche tedesche e pretendendo la risposta politica dell’austerità all’interno del paese e in particolare in Europa. La proclamata svolta “a sinistra” di Steinbrück ex-Ministro delle Finanze di Merkel, ora in difesa dei poveri - risultato della sua precedente politica -, era poco convincente. Infatti la SPD è aumentata solo di un fisiologico 2,5 % rispetto al 2009, quando aveva già pagato la precedente svolta a destra perdendo oltre l’11% (dal 34, 2 (2005) al 23%). E non vuole ripetere l’esperienza di essere schiacciato un’altra volta.
La formazione della futura coalizione è aperta e problematica per ambedue i possibili partner, sia nella SPD che nei Verdi c’è una forte opposizione della base dei partiti. Il direttivo dei Verdi si è dimesso e bisogna vedere se il partito, ancorato soprattutto ad ovest, sosterrà la imperterrita politica di Angela Merkel che corrisponde non solo agli interessi della Deutsche Bank, ma anche al diffuso desiderio tedesco di calma e ordine – che, nel 1957, già ispirava Konrad Adenauer con il suo slogan Keine Experimente!
(Nessun esperimento!) - finché reggerà in un’Europa sempre più caotica."
Susanna Böhme-Kuby, Venezia, Casa dei Mori 25.09.2013

domenica 2 marzo 2014

Il Corpo dell'Europa


L’Europa odierna, nelle sue varie declinazioni - da Renzi a Schulz, da Barroso a Hollande, per non parlare della Merkel – è contenuta in un’architettura rigidissima; una costruzione che pretendeva di essere avvenieristica ma che si è rivelata invece fragilissima, e destinata a crollare alla minima scossa sismica.
Rigidità, questo è purtroppo il carattere dominante dell'Europa voluta con i Trattati di Maastricht e di Lisbona: massimo 3% di disavanzo, massimo 60% di debito pubblico sul PIL, eccetera. Vincoli  senza forze, materiali senza un progetto.
E se la rigidità è l'attributo prevalente del corpo istituzionale europeo, va ricordato allora che la sclerosi è una grave patologia della vecchiaia e non corrisponde affatto agli attributi di una creatura, l’Europa appunto, che nel 1990 si pensava come giovane e prospera. Ecco perché ora è indispensabile cambiare registro. 
Nei prossimi mesi avremo bisogno di flessibilità e reattività: reattività con quanto accade in Europa e nel Mondo; flessibilità rispetto alle domande sociali insoddisfatte. Un’Europa in simbiosi con le forze positive: idee, energie sociali, coesione; un’Europa in grado di contrastare e di produrre anticorpi dinanzi a quanto mina il nostro futuro: guerra, speculazioni finanziarie, rendite parassitarie e competitività economiche ingiustificate.
In questi giorni, uno studioso francese ha ben descritto la nostra attuale condizione di europei: l’Europa ha definito con ostinata precisione il "testo" (le regole) ma non ha saputo governare per nulla il "contesto" (la realtà). (A rettifica, io aggiungerei che anche il "testo" dovrà essere emendato,  se vorremo governare al meglio il "contesto").
A conferma di questa tesi basti ricordare l'incapacità di Bruxelles, Francoforte e Strasburgo nel reagire alla crisi economica internazionale del 2007 e ancora – nelle ultime settimane - la sordità e cecità di fronte a quanto andava accadendo ai confini dell'Europa (vedi Ucraina).
Sapremo ora reagire alla peggior crisi del dopoguerra e ai nuovi minacciosi venti di guerra?
Certo, sarà compito difficile, ma per farlo occorrerà innanzitutto ritrovare la dinamica propria a un organismo politico: un organismo in grado di riconoscere i bisogni e le potenzialità delle comunità; un organismo in grado di esprimere un compiuto progetto di vita sociale. Un organismo, in sintesi, capace di far dialogare le sue varie parti (gli Stati membri) concependoli non come strumenti contrapposti ma come organi integrati, cioè come parti indispensabili, gli uni agli altri.
Se viceversa qualcuno pensa di poter continuare a governare l'Europa come se fosse una stupida struttura gerarchica, o peggio ancora una vecchia catena di montaggio con un centro (l'asse Germania/Francia) che dà ordini al resto dell'Europa, è bene che questa élite politica si ricreda. Oppure dovremo, il prima possibile, metterla in condizione di non nuocere.

Venezia, 1 marzo 2014

Giampietro Pizzo

PS: Per memoria storica, vale la pena ricordare che un vero riformatore e socialista come Jacques Delors negli anni '80 aveva ben capito quale fosse la sfida: far interagire le varie parti del corpo europeo. Per questo ideò e mise in opera un investimento straordinario a scala europea: i fondi strutturali per la coesione sociale e territoriale, per far sì che l'Europa mediterranea potesse recuperare almeno in parte la distanza che la separava dal centro europeo. Dopo Delors, purtroppo, si sono susseguiti a Bruxelles politici di pessima qualità e burocrati ancor peggiori; e questi, il va sans dire, hanno percorso tutt’altra strada. Riprendere ora il cammino, per sanare gli errori di questi decenni, sarà compito non comune ma necessario, per tutti coloro che credono davvero nell'Europa.