venerdì 15 febbraio 2013

Carnevale: vogliamo un bilancio sociale

Ancora una volta, inesorabile, è arrivato il Carnevale. “Venezia invasa”: questo uno dei titoli della stampa locale. 120 mila, 150 mila persone sono arrivate ogni giorno in città: due volte, o anche più, il numero dei residenti (i quali, nel frattempo, o hanno attraversato in senso contrario il Ponte della Libertà per fuggire all’invasione o si sono rifugiati nelle poche e sempre più esigue zone “nascoste” della città). Già lo sappiamo: per pochi giorni, si accenderanno duri battibecchi tra chi denuncia l’insostenibilità di un turismo invadente e onnivoro e chi, con scaltro realismo, ricorderà che di questo, cioè di turismo, e non di altro, vive la città. Poi gli ultimi echi polemici svaniranno come neve al sole sino al sopraggiungere della prossima onda turistica. Eppure il Carnevale non è l’Acqua alta, questo fenomeno non risponde a relativamente imprevedibili eventi atmosferici: no, il Carnevale è stato inventato, voluto e praticato dai decisori pubblici che hanno amministrato la città negli ultimi trent’anni (re-inventore del Carnevale fu negli anni ‘80 l’allora Assessore al Turismo Maurizio Cecconi). “La città così muore” dichiarano taluni, dentro e fuori Ca’ Farsetti. “E’ il mercato, bellezza!” replicano altri dai posti di comando dell’Amministrazione comunale e da alcune associazioni di categoria (salvo poi periodicamente piangere per i transitori cali di presenze e chiedere interventi straordinari a sostegno). Bene, prendiamo atto che vi siano punti di vista diversi in materia: taluni sottolineano prima di tutto il costo ambientale e sociale di questo tipo di turismo mentre talaltri, spesso in sordina, ricordano che questa è la vera ricchezza dell’economia cittadina. Ma possiamo saperne di più, possiamo capire davvero cosa significhi per Venezia il flusso turistico dei grandi eventi? E’ dato conoscere prima di decidere e magari cambiare politica? Gli strumenti esistono, basterebbe applicarli. Si chiamano, ad esempio, “bilancio sociale”. Si tratta di misurare davvero le entrate economiche e sociali, private e pubbliche, del Carnevale e di confrontarle con le spese dirette e indirette collegate a questa situazione. Per esempio: di quanto aumentano i ricavi degli operatori turistici veneziani e quanto di questo maggiore reddito si trasforma in gettito fiscale per le magre casse comunali? Di quanto aumentano le spese comunali per la pulizia straordinaria delle vie cittadine, per i servizi di ordine pubblico e per la manutenzione ordinaria della città? Senza dimenticare nel calcolo le risorse pubbliche destinate al Carnevale dalla Venice Marketing Eventi. Ma, sia chiaro, un bilancio sociale non può limitarsi a un mero calcolo economico. Occorrerà stimare quale sia il disagio per tanti residenti che deriva da un difficile se non impossibile accesso ordinario ai servizi cittadini - dal servizio di trasporto urbano al servizio di nettezza urbana che in alcune aree più o meno frequentate della città viene talvolta sospeso per dirottarlo in “zone più centrali”. Tutto questo e molto altro ancora è sicuramente misurabile e calcolabile. Chiediamo dunque che l’Amministrazione comunale si doti subito di questo strumento e lo presenti non appena concluso alla città. Al di là dei soliti brontolii che durano poche ore e che nulla cambiano, sarebbe davvero un buon modo per conoscere finalmente i benefici e i costi di quello che ormai sembra essere un fenomeno ingestibile (molto più di tanti fenomeni atmosferici prevedibili e arginabili) e che invece può e deve essere governato. Si tratta di partire semplicemente dalla volontà e dalla decisione della comunità cittadina. Ma per questo bisogna sapere che cosa sta accadendo. Allora, per favore, calculemus! Giampietro Pizzo

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