Con le elezioni provinciali alle spalle, a Venezia si guarda ora alle comunali del 2010. Un periodo relativamente breve ci separa da quella importante scadenza elettorale – poco più di sei mesi.
A sentire i commenti di chi è andato a votare poche settimane fa e, ancor più, di coloro che le urne le hanno volutamente disertate, si registra uno scetticismo e una disaffezione preoccupante.
La reazione più immediata potrebbe essere: come dare torto agli scettici, ai giovani che di politica non ne vogliono sentir parlare, ai molti che preferiscono dedicarsi a questioni sociali e culturali specifiche e immediate? Come non comprendere che in quel rifiuto ci sono mille buone ragioni per fare altro, per non “sporcarsi” con la politica politicante?
Intanto è partito – già stanco e frusto – il “totosindaco”: decine di nomi di possibili candidati, annunciati sui giornali o sapientemente sussurrati dagli “addetti ai lavori”; nomi che dureranno, come le falene notturne, poche ore tra il tramonto e l’alba.
Come deve essere il candidato ideale? Come bisogna sceglierlo? Sono i partiti che devono esprimere le indicazioni? E poi, candidati di partito o di coalizione? E Cacciari, che cosa farà? E Brunetta?
Insomma, come dare torto agli scettici e ai disamorati della politica: quando lo spettacolo è brutto e di cattiva qualità, perché mai si dovrebbe andare allo spettacolo? E poi – domanda per nulla retorica ma sinceramente ingenua - perché sempre e solo spettatori? La politica non è – o dovrebbe essere – prima di tutto partecipazione?
E’ possibile voltare pagina e rendere credibile un’azione politica cittadina degna di questo nome? O è troppo tardi per recuperare le intelligenze, gli entusiasmi, la passione di coloro che vogliono vivere in una società aperta, civile, capace di guardare avanti senza rinserrarsi – con spirito sucida – negli equilibri gretti e piccini degli interessi di gruppo o nella disperante logica dello “speriamo che me la cavo”?
Se uno spazio esiste ancora , se una porta – sia pure molto stretta – è percepibile, allora questa speranza ha a che fare innanzitutto con il metodo con cui si lavorerà, si discuterà, si deciderà: insomma dipenderà dal modo in cui si farà politica nei prossimi mesi.
Iniziamo dalla trasparenza. Non è possibile che tutto si decida sempre e comunque altrove. Non è possibile che non sia identificabile un foro, un luogo fisico e simbolico di discussione in cui ognuno possa proporre, criticare e prendere posizione.
Perché questo accada abbiamo bisogno di un’azione cittadina ampia e aperta: capace di intercettare i segnali più autentici del tessuto sociale e territoriale; desiderosa di far dialogare e costruire un vero discorso politico. Per questo occorre che i partiti facciano un passo indietro; occorre che i giornali siano disponibili ad ascoltare tutti ( e non solo i soliti noti); occorre che le associazioni siano meno timide e prudenti; occorre che gli individui abbiano coraggio e onestà nel prendere posizione e nel ragionare di politica.
Iniziamo dalle idee e dalle proposte, perché il contenuto deve stare al centro della Venezia che cambia. C’è tempo per il “totosindaco”; non c’è fretta nel personalizzare la scelta che ci troveremo di fronte nelle urne a marzo del 2010. Senza un progetto, senza una bozza di programma, a che serve sapere chi sarà il candidato sindaco? A meno che i contenuti non contino nulla, e la soluzione dei problemi debba essere – per imperscrutabili ragioni - ciecamente delegata al “salvatore della Patria” di turno – di destra o di sinistra che sia.
Discutere di priorità e di compatibilità, di casa e di diritti, di pubblico e di privato, di etica della politica, di partecipazione e di ambiente: queste sono le questioni che appassionano, questi sono i temi che contano nella nostra vita. E allora, di questo, non di altro, si deve innanzitutto parlare.
Occorre farlo in modo aperto, costruttivo, competente, onesto. Sono i partiti in grado di assumere questa sfida? Sono i cittadini in grado di imporla come condizione ineludibile? Sono le associazioni interessate a stare su questo terreno?
Se sì, il terzo carattere del metodo nuovo riguarda la capacità di ascoltare le ragioni e le analisi di tutti, mettendo da parte frusti luoghi comuni e pregiudizi, e disinnescando la nefasta dinamica delle cordate e delle clientele. La città prima di tutto. La qualità della politica prima di tutto.
Non che le donne e gli uomini che fanno politica non siano importanti, ma la storia ci insegna che la ricerca dell’”Uomo della novità” è, nel migliore dei casi, ricerca sciocca; è autoritaria e antidemocratica, nel peggiore degli scenari.
Politica e democrazia non possono vivere senza una partecipazione attiva e collegiale che obblighi a pensare al bene comune e a riconoscere che nessuno ha futuro se non si occupa del prossimo. Vecchia e logora retorica anche questa? Beh, se così fosse, allora non avremo speranza di cambiamento e la piazza cittadina sarà facile preda dei lupi e delle iene che nella notte della politica hanno sempre buon gioco.
Giampietro Pizzo
martedì 21 luglio 2009
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